Quando i futuristi consideravano Evola “uno dei loro”

Si è svolta a Cremona, dal 15 Maggio al 2 Giugno 2024, la Mostra dal titolo “Evola Futur – Dadaista (1915-1921)” presso i locali del Museo Civico “Ala Ponzone”.

La pregevole esposizione propone, oltre chiaramente alle opere pittoriche dell’Autore, immagini, riflessioni e documentazione dell’epoca che vanno a sottolineare come la ricerca spirituale di Evola potesse utilizzare a proprio vantaggio anche i mezzi dell’espressione artistica d’avanguardia; il tutto teso in una continua ricerca del trascendimento interiore – ed esteriore se vogliamo pensare alle immagini del periodo bellico – dell’umano.

Nel novero della documentazione giornalistica dell’epoca colpisce la prima pagina di “Roma Futurista” del 19 Aprile 1920, recante il titolo “Il Pittore Futurista Julius Evola”. Un documento che potrebbe destare perplessità in alcuni lettori ed esegeti, legati ad una immagine eccessivamente “monolitica” del tradizionalista romano. Forse la famosa – o ci auguriamo quantomeno nota – provocazione di G. Faye, ovvero coniugare “Evola con Marinetti” ebbe un suo precedente storico fattuale, proprio nell’Italia dei primi anni venti.

Un rapporto dialettico ma in ultima analisi conflittuale, quello tra questi due grandi personaggi dell’Italia d’inizio secolo, sul quale getta una luce chiara e fruibile la nota biografia di Andrea Scarabelli, Vita avventurosa di Julius Evola edita da Bietti all’inizio di quest’anno. Giova ricordare in tal senso proprio il nome del capitolo dedicato a questo periodo dell’esperienza evoliana: “Futur-Dada. Libertà, Astrazione, Individuazione. Il sole della notte”.

D’altro canto considerazioni finali di ordine artistico sono ancora presenti nei famosi Saggi sull’Idealismo Magico, cruciale composizione di cesura tra il periodo artistico-filosofico e quello più propriamente magico esoterico dell’Autore, segno che l’arte “modernissima” ed “astratta”, se correttamente indirizzate e cavalcate, possono condurre a qualche forma di “soluzione spirituale”, per menzionare una lunga citazione evoliana che chiude l’esposizione in questione.