La tecnica non è solo tecnica: le «invenzioni virtuali»

L’essenza della tecnica non è di natura tecnica, spiegava Martin Heidegger. È anche il motivo per cui, affinché vi sia sviluppo tecnico, non è sufficiente l’invenzione materiale, ma occorre che quest’ultima sia inserita in un quadro culturale e sociale predisposto al dinamismo. Per comprendere bene questo passaggio, pensiamo per esempio a quella che l’antropologo francese Alain Testart chiamava «invenzione virtuale».

In Avant l’histoire (Gallimard, 2012) lo studioso spiegava che una invenzione virtuale è una invenzione tecnica non interamente utilizzata, un oggetto nuovo che non comporta cambiamenti nella società. Gli aborigeni australiani, ad esempio, conoscevano perfettamente le tecniche di conservazione per essiccazione e affumicatura, ma non le impiegarono mai per immagazzinare il cibo. Le usavano solo per mummificare i morti.

Altri esempi di invenzione virtuale sono gli accampamenti di Dolni Vestonice, Pavlov e Petrkovice nella Repubblica Ceca, o quelli di Kostenki (Russia) e Krems-Wachtberg (Austria), in cui sono state trovate statuette di terracotta costruite secondo una tecnica che le stesse popolazioni paleolitiche non si sognarono di utilizzare per inventare la ceramica e produrre recipienti.

Per Testart, l’invenzione virtuale è tipica di quelle società preistoriche egualitarie in cui la mancanza di competizione scoraggia l’uso intensivo della tecnica. Le nuove invenzioni vengono così dirottate verso scopi meramente culturali o simbolici. Gwenn Rigal ha tuttavia fatto notare come anche in civiltà complesse si registrino forme di invenzioni virtuali. I Maya, per esempio, conoscevano già la ruota, ma la usavano solo su piccoli carretti – non è chiaro se fossero offerte o giocattoli – ritrovati dagli archeologi in varie tombe del Messico, non per trasportare carichi pesanti. Allo stesso modo, nell’Egitto ellenistico era già stata inventata la macchina a vapore, utilizzata però esclusivamente per attivare l’apertura delle porte di alcuni templi.

Sia come sia, due elementi balzano agli occhi. Il primo: come si diceva, la tecnica ha un cuore celato che non è tecnico, il suo sviluppo si basa su fattori culturali e sociali specifici. È anche, quindi, un tratto identitario: alcuni sistemi sociali e di pensiero sono più portati a sviluppare la tecnica, altri meno. Il secondo: in presenza di un contesto culturale non all’altezza, la tecnica può essere deviata verso scopi inessenziali, futili o puramente ornamentali. Ogni riferimento all’attuale situazione tecno-globale è puramente voluto…

Adriano Scianca